FINCHE’ L’HUSKY VA, LASCIALO ANDARE…
L’incidenza della componente ambientale
In Biologia l’evoluzione è definita come cambiamento della composizione genetica degli individui di una specie sulla base di variazioni ambientali. Per “ambiente” si intende la condizione biologica in cui un organismo si trova, quindi il clima e la geografia del luogo di insediamento, le fonti alimentari disponibili e la loro abbondanza, il ritmo circadiano, la presenza di altre specie e via di seguito.
Il risultato è l’adattamento, ossia un carattere anatomico, fisiologico o comportamentale controllato da geni che aumenta la probabilità di sopravvivenza e riproduzione in quel dato ambiente. L’insieme dei geni prende il nome di genotipo mentre il complesso di adattamenti è detto fenotipo.
Alla determinazione di quest’ultimo concorre anche l’ambiente stesso inteso come qualsiasi fattore che genera una caratteristica osservabile diverso dal genotipo. E’ il caso di malattie, età, alimentazione etc. La relazione è dettata all’espressione F=G+A (P=G+E in inglese).
Appresa l’importanza e soprattutto l’incidenza della componente ambientale nel plasmare gli esseri viventi non si può trattenere la curiosità di scoprire quali effetti provochi l’estremo.
Difficilmente si concepisce uno scenario più ostico delle zone del Grande Nord e tra queste il mostro sacro è la Siberia. Per intenderci Ojmjakon è il centro popolato in cui si è registrata la temperatura più bassa del pianeta: -70 gradi Celsius, ed è proprio in Siberia.
I cani nordici sono il risultato dell’estremità ambientale più autentica e tra i vari esponenti voglio analizzare quello originario della terra più fredda: il Siberian Husky.
Origini
La primissima e doverosa precisazione riguarda il paese di origine della razza che è diverso a livello sostanziale e formale: il Siberian Husky nasce e si consolida come animale in Siberia appunto, ma viene riconosciuto come razza dall’American Kennel Club in Alaska nel 1930. Il passaggio tra le due terre avviene attraverso lo Stretto di Bering, uno dei luoghi più remoti del pianeta.
Quanto al fenotipo, vero nocciolo della questione, vorrei scomporlo in quelli che penso siano i principali adattamenti anatomici, comportamentali e in ultimo fisiologici per esaltarne le proprietà e cercare di procedere con logica. Iniziamo quindi dagli effetti dell’inverno siberiano sull’anatomia.
Struttura
Il Siberian Husky presenta un corpo moderatamente compatto di medie dimensioni ben fornito di pelo e privo di appendici estese. Il mantello è doppio ossia fornito di sottopelo, lanoso e denso, e di pelo di copertura. Riguardo al primo è da precisare che deve avere una consistenza tale da isolare completamente l’animale e parimenti deve fornire il giusto sostegno al secondo il quale, a sua volta, deve essere di una lunghezza tale da non alterare il profilo del cane e deve essere dritto. La tessitura non deve essere setosa bensì soffice così da massimizzare la distanza tra ambiente esterno e sottopelo e inglobare più aria che funge da intercapedine. La principale funzione del pelo di copertura è quella di impedire alla neve di venire a contatto con il sottopelo e bagnarlo vanificandone il potere isolante.
Il mantello viene catalogato a seconda che sia monocromatico, ossia i cui peli sono interamente di un unico colore, oppure a zone, con peli dotati di zone gialle o bianche al centro o alle estremità. Tra i monocromatici si trovano il nero, il copper (color rame) e il bianco; mentre tra quelli del secondo tipo si hanno l’agouti (mantello più arcaico e selvatico e decisamente peculiare), il sabbia, il copper, il nero il bianco e il grigio. Durante il periodo della muta è normale la mancanza di sottopelo.
Per “appendici” intendo le orecchie, le palpebre e le labbra. Queste non devono essere estese o penzolanti per due motivi: il primo è la dispersione termica, mentre il secondo è il ghiaccio. Maggiore è la superficie a contatto con l’ambiente esterno e maggiore è la dispersione di calore, pertanto appendici ampie favorirebbero la perdita di calore in un animale che deve sopravvivere a 50 gradi sottozero. Infatti le orecchie sono piccole, triangolari e ben imbottite di pelo. Il secondo motivo risiede nel fatto che delle labbra, delle palpebre o delle orecchie abbondanti favorirebbero l’accumulo di neve oppure acqua e cibo i quali, date le temperature, risulterebbero in duri agglomerati di ghiaccio, sconvenienti e potenzialmente pericolosi.
Un adattamento perfettamente esemplificativo di quanto appena detto è l’abbondante copertura pelosa nelle zone interdigitali. Essa previene la dispersione di calore attraverso il contatto prolungato dei piedi con il fondo ghiacciato e parimenti non ostacola il movimento accumulando neve atta a ghiacciarsi. Infatti per “abbondante” non si intende “pelo lungo” bensì “denso”.
Un ultimo carattere anatomico interessante sono gli occhi, la forma a mandorla e il posizionamento obliquo permettono all’animale di evitare che durante le precipitazioni la neve vi si insinui e che il riverbero solare sul fondo bianco lo accechi.
Adattamento comportamentale
Passiamo ora a qualcosa di meno evidente ma altrettanto fondamentale: gli adattamenti comportamentali.
Il principale elemento caratteriale dell’Husky penso sia quello contemplato nel concetto di “gerarchia dinamica”. In uno scenario dominato dal ghiaccio, desolato e vasto oltre ogni misura ogni attimo è importante, più il tempo passa e più il buio si avvicina e le energie vengono consumate per mantenere l’omeostati.
L’esperienza unitamente alla gestione del tempo e delle risorse fanno la differenza tra la vita e la morte. Così quando nel branco il capo dimostra insicurezza è imperativo che un nuovo capo subentri nel minor tempo possibile alla guida del gruppo. A livello pratico questo si traduce in uno spiccato ma rispettoso senso della dominanza. Ciascun soggetto cercherà la scalata gerarchica ogni qualvolta gliene si presenti l’occasione onorando nel frattempo il proprio ruolo.
La bellezza dell’adattamento dell’Husky risiede nella puntualità: la competizione è sempre sullo sfondo ma una volta individuati i ruoli questi vengono rispettati con attiva collaborazione e solo nell’esatto momento di cedimento avverrà una nuova scalata. Questo per dire che la competizione non è aggressività o violenza incondizionata ma sapiente autorevolezza evolutiva.
Spesso il concetto di dominanza e il ruolo di capobranco vengono associati ad un territorio in cui queste condizioni divengono fatti. Una sorta di giurisdizione in cui il capo è effettivamente tale.
Per il Siberian Husky non è così. L’estensione della Siberia, la discontinuità delle risorse alimentari, il fatto che sia stato selezionato dai Ciucki, una popolazione pacifica e priva del senso di proprietà, ne fanno un cane con scarsissima attitudine alla guardia.
Adattamento fisiologico
Veniamo quindi agli adattamenti più intriganti: quelli fisiologici. Dove per fisiologia si intende lo studio delle funzioni degli organismi animali.
Il territorio siberiano ha un’area di circa 12.5 milioni di km2 (Enciclopedia Treccani) e verso il circolo polare, la zona che ci interessa, possono sopravvivere solo muschi, licheni e la stentata vegetazione della tundra priva di elementi arborei. In più bisogna considerare il fondo innevato e/o ghiacciato che costituisce un elemento di disturbo rispetto ad un campo erboso. Questo significa che un animale veloce ma non resistente, immaginiamo l’esempio classico del ghepardo che può raggiungere i 100km/h e protrarre lo sforzo per qualche decina di metri, risulterebbe completamente inadatto in questo ambiente. Quello che serve, che fa la differenza, è la resistenza. E in questo l’Husky eccelle. E’ costruito, sia anatomicamente che psicologicamente, per essere un risparmiatore di energie; un animale da grandi distanze a velocità moderata ma costante. Non a caso i Ciucki lo utilizzavano per il traino di slitte dal carico leggero. Questo è l’ambito di elezione di questa razza: il traino su neve per lunghe distanze.
La questione implica diversi aspetti interessanti: le andature che meglio coniugano velocità e resistenza sono il trotto e il galoppo moderato; il secondo in particolare risulta l’andatura d’elezione per l’Husky poiché implica un consumo energetico pari o appena superiore al prima ma con un netto guadagno in fatto di velocità di crociera; e a fine giornata i km in più fanno la differenza. A conferma di ciò la lunghezza della gamba da sotto lo sterno al terreno è leggermente superiore alla profondità del torace (in altezza), approssimativamente 1.2-1.25. Tale rapporto è indicato come Rapporto di Snellezza Articolare e fornisce importanti informazioni sulla velocità, la resistenza e l’agilità.
In genere le razze più veloci in assoluto hanno una porzione distale dell’arto nettamente superiore alla profondità del torace, mentre quelle resistenti al trotto hanno valori dei due sovrapponibili (RSA di 1.1). A riprova della resistenza che questi indici permettono il lupo possiede, in media, un RSA di 1.2-1.22; ed esso è capace di muoversi agevolmente sia al trotto che al galoppo per numerosi km (anche 80 in una notte).
L’Husky è ancora più votato al galoppo di resistenza rispetto al lupo poiché possiede una schiena più corta e una costruzione più quadrata; infatti nel galoppare è il posteriore a generare la forza per alzare l’anteriore e, per un gioco di leve, le proporzioni più compatte diminuiscono lo sforzo favorendo la resistenza.
Single Tracking
Detto questo l’Husky utilizza ampiamente anche il trotto, in particolare tendendo al cosiddetto single tracking:
Letteralmente la traduzione significa “orma singola”, è un’andatura del trotto in cui le zampe posteriori appoggiano sull’orma corrispondente del piede anteriore su un’unica linea al centro del corpo. Durante il Single tracking è possibile quindi notare come gli arti formino una “V”.
Per quale motivo questa caratteristica risulta preziosa per l’Husky?
Quest’andatura determina un sensibile risparmio energico dovuto al fatto che nella neve si disegnano un minor numero di impronte e il movimento risulta più fluido. Dobbiamo sempre tener presente che il movimento di questo cane viene protratto per ore e km e dunque il risparmio va considerato nel lungo periodo. Inoltre la tendenza al single tracking permette di aumentare sensibilmente l’equilibrio. Il motivo risiede nel fatto che il baricentro viene a trovarsi lungo la linea centrale del corpo dell’animale ed è quindi meno propenso a fuoriuscire dalla proiezione del corpo stesso sul terreno. Un caso esemplificativo si ha in curva: per non rallentare il cane deve curvare facendo perno sull’arto anteriore interno e questo è possibile solo se l’animale è in perfetto equilibrio con il baricentro sotto alla linea centrale del corpo.
Il traino su neve è una questione di velocità accumulata ed inerzia, un po’ come il rally o le macchine ibride. Maggiore è la velocità accumulata e meglio viene mantenuta e più diminuisce il dispendio energetico. Una volta che la il cane o la muta abbia raggiunto una velocità di crociera perfettamente equilibrata è imperativo mantenerla così da servirsi dell’inerzia per aumentare il terreno coperto. Siete mai saliti su un taxi ibrido? Il tassista parte al semaforo piuttosto rapidamente, arriva a 50 o 60 km/h e toglie pressione dal gas. Il motore termico si spegne. Il tassista appoggia il piede sull’acceleratore ed entra in funzione quello elettrico che con poca energia riesce a mantenere la macchina alla velocità raggiunta.
Quindi finché l’Husky va tu lascialo andare…
Maturazione fisica e psichica
Un ulteriore adattamento fisiologico è quello della precoce maturazione fisica e psichica, che generalmente si completa verso l’ottavo mese di vita. Il motivo è che un corpo e una mente adulte hanno molte più possibilità di sopravvivere nelle condizioni siberiane. Specialmente tenendo conto della vicinanza al circolo polare artico e quindi alla durata dell’inverno.
Parlando di inverno si evidenzia forse il più curioso di tutti gli adattamenti fisiologici: il naso da neve.
E’ possibile che nella suddetta stagione il tartufo dei cani nordici subisca una depigmentazione nella regione centrale sino a divenire rosa. Un’intelligente spiegazione di ciò è stata data da Mrs Nancy Russel (allevatrice di Alaskan Malamute ed esponente di spicco del relativo Club Americano) che afferma come tale caratteristica sia dovuta al fabbisogno di Vitamina D. La fonte di questo elemento è la luce solare e parimenti una pelle chiara è più efficace nel suo assorbimento. Pertanto, essendo i cani nordici completamente e densamente ricoperti di pelo, in inverno a causa del maggior numero di ore di buio sopperiscono alla mancanza di irraggiamento con il naso da neve.
Effettivamente pensandoci quale zona potrebbe essere migliore?
E’ glabra, è esposta ed è localizzata nella parte principale dell’animale.
Questa è evoluzione nella sua accezione più fine ed elevata!
All’inizio ho accennato ai due paesi che possono rivendicare la paternità di questa razza, bisogna in merito rendere onore ad una figura centrale nella diffusione e valorizzazione del Siberian Husky: Leonhard Seppala. Sebbene non si debba a lui la prima importazione di cani siberiani in Alaska egli è la figura che ha diffuso lo sport del cane da slitta da questa terra in poi. Seppala fornì il primo stock di cani siberiani all’American Kennel Club e fu il protagonista della spettacolare “Corsa del Siero” con cui, nel 1925, lui e i suoi cani riuscirono a rifornire la città di Nome del medicinale necessario a salvare i bambini dalla difterite. Vi ricorda niente? Il film Balto è proprio la narrazione di questa avventura.
Seppala è stato il musher più abile di tutti i tempi. Come Diego Armando Maradona non ha inventato lui il relativo sport ma lo ha rivoluzionato ed elevato a livelli impensabili in origine.
I Ciukci non erano certamente, per vari motivi non ultimo quello culturale, una popolazione in grado di dare una rilevanza simile alla propria creatura; ma Seppala ha capito, provato e vinto. E’ stato un genio nel suo campo e il mondo dei cani, probabilmente molto più che altri, ne è pieno fino all’orlo.
Francesco Predieri– Autore di Dog Attitude
Foto e grafiche: Monia Bacheikh– responsabile grafica e materiale fotografico di Dog Attitude
Fonti: Il Siberian Husky di Filippo Cattaneo-Successi Sonzogno-1997; Principi di Locomozione e analisi del movimento nei cani e nelle razze canine di Mario Canton-Antonio Crepaldi Editore; Enciclopedia delle Razze Canine-De Vecchi Editore.